di Paolo Cammarosano
La fonte assolutamente prevalente dell’iconografia dell’arte medievale è la Bibbia, sia l’Antico che il Nuovo Testamento, non senza molte scene desunte dai Vangeli cosiddetti apocrifi. Nel Vangelo di Matteo si narra uno degli episodi che nel medioevo ebbe particolare fortuna iconografica, quello di Pietro che per paura rinnegò Cristo, prima del canto del gallo (è il gallo che in ogni ripresa artistica medievale identificherà l’episodio). Nel testo evangelico (Matteo, 26, 34-35 e 69-75), si narra come dopo l’ultima cena, salendo con gli apostoli verso il monte degli Olivi, Gesù si fosse rivolto a Pietro e gli avesse detto: “Questa notte, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte”. Pietro aveva risposto: “Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò”. Ma il giorno seguente, dopo che Gesù era stato arrestato, Pietro preso dalla paura dichiarò per tre volte, a chi gli diceva di averlo visto insieme a Gesù, di non averlo mai conosciuto. Allora si udì il canto del gallo, Pietro ricordò la profezia e pianse. Sarebbe stato poi catturato dai soldati e condotto al martirio. Una delle rappresentazioni più antiche è questa nelle catacombe di Commodilla, IV secolo. Nella stessa epoca la scena sarebbe stata raffigurata in un sarcofago dove due coniugi fecero rappresentare se stessi e alcune scene della Bibbia, tra le quali Pietro che rinnega Cristo e viene poi catturato dai soldati. Nel tardo medioevo il tema sarebbe stato ripreso in una delle tavolette della Maestà di Duccio di Buoninsegna, 1308-1311, dove è ancora l’immagine del gallo a identificare l’episodio. Esso ispirerà poi sino ai tempi moderni rievocazioni letterarie e una delle pagine più alte della musica, nella Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach (1729).