La storia con i se (If-History)
di Paolo Cammarosano
Da qualche tempo a questa parte prende piede, ed è talora oggetto di dibattiti e convegni, la cosiddetta “storia controfattuale” o “If-History”. Si tratta dell’analisi di come sarebbero andate le cose se alcuni eventi non si fossero verificati o fossero andati diversamente da come sono andati: al celebre ed illustre naso di Cleopatra e al granello di sabbia nell’uretere di Cromwell si aggiungono le ipotesi dell’eventuale vittoria di Hitler nella Seconda Guerra Mondiale, dell’eventuale vittoria di Napoleone a Waterloo, dell’eventuale successo della fuga a Varennes e tante altre. Alcuni autori fanno ipotesi controfattuali ovvie, ad esempio nel caso della vittoria di Hitler pensano che sarebbe stato ucciso un numero di ebrei ancora superiore a quello che è stato, ma talora vanno anche nel dettaglio: ancora nel caso ipotetico della vittoria hitleriana opinano che in Inghilterra sarebbe stata abbattuta la statua di Nelson a Trafalgar Square e che sarebbe stata imposta alle automobili la guida a destra. Chi volesse una rassegna storiografica di questa tendenza, risalente anche molto indietro nel tempo, può ricorrere al libro di Richard J. Evans, Altered Pasts. Counterfactuals in History, London, Little/Brown, 2014. Quando tanta dottrina e tanto impegno di discussione vi sono profusi, anche una qualunque scempiaggine diventa importante. Ma cerchiamo di essere sereni ed equilibrati. La “storia controfattuale” ha un aspetto polemico sul quale non si saprebbe non consentire: il rifiuto di ogni visione provvidenziale, teleologica, di ogni visione cioè che consideri inevitabile che le cose siano andate come sono andate. Ma questo noi lo sapevamo da un pezzo, come sapevamo che lo storico deve sempre cercare di porsi nel momento in cui non si sapeva come le cose sarebbero andate a finire. L’altro aspetto incontrovertibile è il ruolo del caso nella storia, dove rientra anche il ruolo dei grandi protagonisti e dunque la loro morte improvvisa o la loro imprevista longevità. Questo è un tema di antichissima riflessione, e come tanti aspetti delle nostre scienze fu elaborato dai Greci, con la loro concezione della τύχη, cioè di quel tanto di imprevedibile che può sconvolgere l’andamento delle umane sorti. Una volta scoperte queste acque calde, ognuno capisce che oltre non si può andare: cioè che è impossibile descrivere quale sarebbe stato lo svolgimento dei fatti se le cose non fossero andate come sono. Un tale percorso sarebbe possibile solamente a condizione che ad un dato evento, o ad un mancato evento, corrispondesse una ed una sola conseguenza, e nel breve tempo (anche il più accanito “controfattualista”, si presume, rinunzierebbe a proiettare su un secolo le conseguenze di un mancato avvenimento). Ora ad un qualunque evento, che chiameremo A, non corrisponde mai nel breve tempo una e una sola conseguenza, che chiameremo B: ma ce ne saranno, vogliamo essere cauti, almeno dieci, che chiameremo B1, B2, B3 eccetera. Ognuna di queste ne può generare altre dieci, e così via fino ad arrivare alle migliaia di ipotesi. Accumulare migliaia di ipotesi può essere divertente, ma non sembra praticabile e dunque è fondamentalmente idiota. Lo storico fa già abbastanza fatica a cercare di capire come sono andate le cose che realmente sono accadute. Ogni altra via è “phantasy”. E il successo, per fortuna ancora assai relativo, della “If-History” andrà probabilmente collegato ad un certo dilagare dell’invenzione e ad un certo appannarsi dei confini tra ricostruzione storica e ricostruzione fantasiosa nella cultura dei nostri giorni. È un tema importante e sul quale forse torneremo.