di Tiziana Polo
Marinae puellae. Così il Liber Monstrorum (VIII secolo) descrisse per la prima volta le sirene quali creature per metà donne e per metà pesce, ossia con i tratti iconografici che oggi conosciamo. Nella produzione artistica medievale, la sirena venne dapprima raffigurata come arpia. Infatti gli antichi poeti, a cominciare da Omero, assegnarono alle sirene sembianza mista di donna e di uccello. Dopo una fase di contaminazione tra le due tipologie, la donna-pesce prese il sopravvento, anche se gli artisti fecero fatica ad accettare il nuovo modello, com’è dimostrato dall’assenza di sirene con la coda di pesce anteriori all’XI-XII secolo. Nei capitelli, nelle facciate, sui portali, nelle lunette o nelle formelle, la sirena-pesce venne rappresentata con una coda unica oppure con una duplice. Nell’arte romanica fu assai diffusa soprattutto la sirena bicaudata: una figura femminile a mezzo busto, con doppia coda divaricata, protesa in alto lungo il corpo ed in genere serrata con le mani. Un testo di fondamentale importanza per comprendere l’evoluzione dello stereotipo della sirena, in rapporto all’interazione tra arte e letteratura è La Sirène dans la pensée et dans l’art de l’Antiquité et du Moyen Âge. Du mythe païen au symbole chrétien, di Jacqueline Leclercq-Marx, 1997. L’autrice ne percorre la storia letteraria ed artistica, dall’Antichità al Medioevo appunto, attraverso un ricco corredo di immagini. Simbolo della tentazione per antonomasia (si ricordi il celebre episodio odissiaco), la sirena si mostra prima d’ogni cosa come un essere doppio: donna-animale, ragione-istinto ed infine vita-morte. La sirena romanica, vista in stretto rapporto con la musica profana, l’amore carnale, la femminilità, il mostruoso, lo sconosciuto ed il diverso, suscitò certamente nell’uomo medievale un incredibile fascino mescolato a repulsione, a confermare la dualità e l’incoerenza della sua natura.
Immagine: Maestro delle metope, la Sirena bicaudata, Museo Lapidario del Duomo, Modena, Italia.