KOIMESIS

di Valeria Del Tedesco

L’argomento trattato in questo articolo riguarda il modo con cui numerosi artisti tra il X e il XIV secolo hanno rappresentato il trapasso della Madre di Dio, definito nel mondo Ortodosso con il termine greco «Koimesis», mentre in quello occidentale «Dormitio» in quanto, in entrambi i casi, «si parla di una specie di sonno, uno stato anche qui di passaggio dalla vita terrena a quella soprannaturale.»[1] Il racconto era talmente tanto forte e radicato nel credo popolare che papa Pio XII fu costretto a proclamare il dogma secondo cui la Vergine fu «assunta nella gloria celeste in anima e corpo»[2].

L’ aspetto finale della vita della Vergine non è presente nei testi ufficiali del Nuovo Testamento in cui, dopo la Pentecoste, «sparisce»[3] dalla narrazione. E’ possibile però rintracciare il racconto della sua morte nei testi apocrifi scritti posteriormente ai fatti accaduti (V secolo circa).

Degno di nota è il fatto che l’interesse nei confronti della figura di Maria emerge soprattutto a livello popolare. Evidentemente la maggior parte dei credenti vedevano nella Vergine una reale figura materna la cui assenza gettava le basi di una necessità di colmare le lacune lasciate dalle Sacre Scritture, culminando in questo modo nella stesura del «Transitus Virginis» attribuito a Leucio, un discepolo di San Giovanni.

In questo scritto, che rivela gli ultimi attimi della Madonna, si racconta che «Nostro Signore Gesù Cristo decise di avere per sempre accanto a sé sua madre»[4] e la Vergine, pur felice di ricongiungersi col figlio, espresse il «desiderio di rivedere gli Apostoli»[5] i quali, quasi volando[6], raggiunsero la Vergine e aspettarono con lei fino al momento in cui Dio la richiamò a sé con anima e corpo.

E’ bene precisare che, nonostante la riflessione teologica legata alla morte della Vergine appartenga al IV-V secolo, per avere una trasposizione a livello artistico dell’argomento è necessario aspettare il X secolo, soprattutto per quanto riguarda la sfera bizantina. Questo racconto religioso è progressivamente entrato nell’immaginario comune, tanto da diventare il soggetto di numerose opere artistiche. L’argomento iconografico di queste opere é poi stato copiato e adattato dagli artisti del mondo occidentale.[7] L’interesse per l’arte bizantina nel X secolo era molto più di una moda e questa idea ha portato alla creazione di opere con un evidente tratto artistico bizantino. E’ proprio per questo motivo che è possibile osservare nelle composizioni artistiche qui trattate un’equilibrata commistione tra lo stile orientale e quello occidentale.
La «Koimesis», a livello artistico, è stata fissata nella sua immobilità tramite una composizione di figure e simboli cristallizzati nel corso del tempo. Tale modus operandi ha reso questo momento divino e al contempo umano, rendendolo inoltre il soggetto di numerose icone (dal greco classico εἰκών-όνος «immagine»), raffigurazioni sacre che fungono da strumento utile per trasportare la figura rappresentata all’idea che essa sottende.
Il primo aspetto che accomuna tutte le opere è la fissità degli elementi che le compongono. In parte questa staticità artistica è sicuramente una scelta stilistica dovuta al ruolo quasi didascalico di queste opere.
In tutte le raffigurazioni della morte della Vergine si può individuare un preciso schema simbolico. La figura della Madonna è posta orizzontalmente nella seconda metà inferiore dell’icona in modo da sottolineare la sua componente umana e ciò comporta un collegamento con gli Apostoli, posti ai lati del letto in cui è coricata. La figura del Cristo, invece, è collocata al centro della composizione e, rispetto alla figura materna, crea una linea immaginaria verticale che collega l’umanità di Maria a quella divina nel Regno dei Cieli.
Analizzando ora l’aspetto artistico e particolare delle rappresentazioni, possiamo trovare degli elementi che accomunano le produzioni nonostante le diversità degli artisti che vi hanno lavorato e del periodo in cui sono state create.
Maria è coricata su di un letto posto al centro della composizione. Ha gli occhi chiusi e il viso rilassato nel sonno di una morte che, però, non potrà nulla sulle sue spoglie mortali. Il figlio Gesù Cristo è infatti accanto alla madre e tiene in braccio un piccolo bambino stretto da fasce di tessuto bianco, rappresentazione simbolica dell’anima pura e senza peccato della Vergine. Gli Apostoli sono raccolti attorno a lei. Di particolare interesse sono due figure (probabilmente San Pietro e San Paolo) chinati sul letto della Madonna, in atto di cordoglio. Al di sopra della figura di Cristo vi sono degli Angeli che, oltre ad aver raccolto nel luogo del lutto i discepoli del Signore, porteranno poi anche l’anima e il corpo della Madre di Dio nell’alto dei Cieli.
Questo schema iconografico è stato preso e riadattato a partire dai «lezionari bizantini del X secolo»[8] e si è spinto fino alla sfera artistica occidentale, diventando così il soggetto di numerosi mosaici e avori.
E’ questo il caso della prima immagine presa in esame: una «Koimesis» incisa su tavola d’avorio risalente al tardo X secolo (fig. 1).

Icona con la Koimesis
Icona con la Koimesis

E’ probabile che quest’opera fosse la copertina di un libro sacro, come possiamo notare dai fori posti ai lati dell’opera e dalle sue dimensioni.
La rappresentazione, pur nella sua semplicità, offre un interessante accostamento di elementi. Le vesti e i drappeggi del letto, nonostante la staticità degli elementi compositivi, sono ricchi e molto curati. San Pietro è alle spalle della Vergine mentre San Paolo, posto ai piedi di Maria, è cristallizzato in una dimostrazione composta di dolore. Gli altri discepoli, ai lati del letto, fanno mostra del loro cordoglio. Particolare attenzione va a quelle figure tra i discepoli (la prima in alto a destra e la seconda in alto a sinistra) che si coprono il volto con una mano, a sottolineare quasi l’imbarazzo per la fragilità degli esseri umani in netto contrasto con la serenità divina. Cristo, al centro della rappresentazione, guarda la madre mentre affida la piccola anima di Maria agli Angeli che, muti, sembrano anche loro fare parte della composta veglia funebre.
La composizione artistica è, a sua volta, racchiusa da un’elaborata struttura che racchiude la vicenda quasi a volerla cristallizzare e fissare nella memoria dei fedeli.
La seconda immagine (fig. 2) è sempre un’opera in avorio e risale all’XI secolo

Dormitio Virginis - 11 secolo - Hermitage
Dormitio Virginis – 11 secolo – Hermitage

In questa rappresentazione, più compatta rispetto a quella precedente, la mancanza di prospettiva rende le figure statiche nella loro immobilità. Lo sgabello a lato del letto di Maria è rappresentato come se l’osservatore lo vedesse dall’alto. E’ da notare inoltre il tratto minimalista con cui l’autore ha riprodotto le vesti, i drappeggi e le ali degli Angeli. Questo può voler dire che l’attenzione non era tanto rivolta alla ricerca di perfezione stilistica quanto piuttosto al significato che l’immagine doveva trasmettere.
A livello compositivo si ha, in primo piano, la figura della Vergine assopita, mentre la figura dell’apostolo Pietro è rappresentata vicino al volto di Maria, come se stesse ascoltando le sue ultime volontà. Gli altri discepoli, invece, sono ai lati della Madonna. Un personaggio, in primo piano a sinistra rispetto agli altri, scuote un turibolo, mentre san Paolo è raffigurato nell’atto di abbracciare o forse, per meglio dire, di aggrapparsi ai piedi della Vergine come a non volersi staccare dal ricordo che quella figura esercitava su di lui. Il Cristo è sempre posto al centro della composizione e anche qui tiene in braccio l’anima della madre. A differenza dell’opera precedente, anche l’Angelo in alto a destra la tiene tra le braccia mentre la porta in cielo. Tale ridondanza concettuale non è un errore stilistico. L’autore (di cui non si conosce il nome) ha rappresentato nella stessa opera due momenti successivi tra loro per suggerire quale sarebbe stato in seguito il destino della Vergine.

Il terzo avorio (fig. 3) si trova su un lato del cofanetto di Farfa, dove è stata rappresentata la «Koimesis» attraverso le tecniche di una «bottega [..] nella seconda metà dell’XI secolo»[9].

Cofanetto- Farfa Dormitio Virginis
Cofanetto- Farfa Dormitio Virginis

Il cofanetto venne commissionato da un ricco mercante di nome Mauro, «discendente della stirpe amalfitana del Comites Maurones»[10]. L’opera rivela l’esistenza di intense relazioni con il mediterraneo orientale che hanno portato, di conseguenza, un contatto anche con la cultura figurativa bizantina. Il componimento artistico dimostra numerose differenze stilistiche rispetto alle due rappresentazioni precedenti, ma il significato dell’opera non subisce variazioni. La composizione, infatti, è semplificata rispetto a quelle precedenti e le figure che la caratterizzano sono appena abbozzate sull’avorio, quasi fossero solo tracciate. Gli Apostoli che circondano la Vergine sono rigidi nelle loro posizioni e il loro dolore pare essere rinchiuso all’interno della pietra. La figura sulla sinistra, come nell’immagine precedente, ha un turibolo in mano, ma stilisticamente è molto diversa. Infatti, sebbene nell’opera già citata manchi una vera prospettiva, il modo in cui l’uomo viene rappresentato è molto fedele alla realtà, mentre quello che si può osservare sul cofanetto di Farfa trascende quasi la sfera fisica per assumere un significato maggiormente simbolico: è un uomo che piange al cospetto della morte contro cui nulla può.
Nello schema compositivo, la figura di Gesù Cristo ha subito una modifica nel modo con cui viene solitamente rappresentato. Egli, infatti, pur rimanendo in posizione centrale rispetto all’insieme di figure, è raffigurato mentre affida l’anima della madre ad un Angelo.
Un’altra opera importante è il rilievo in stucco raffigurante la dormizione della Vergine (fig. 4) presso la cripta della basilica di San Pietro al Monte, in provincia di Lecco.

Dormizione a Civate
Dormizione a Civate

L’opera viene fatta risalire all’ XI secolo circa; due figure poste nella parte sinistra della composizione sono rovinate, rendendo così difficoltoso identificarle con esattezza.
La composizione, probabilmente a causa del poco spazio, appare molto condensata, creando quasi un collegamento continuo tra tutte le figure.
Evidente è la mancanza di profondità nella rappresentazione del letto della Vergine la quale, a differenza delle raffigurazioni precedenti, è avvolta in quello che pare essere un sudario. Cristo, diversamente dalle immagini finora analizzate, è raffigurato ai piedi del giaciglio della madre mentre sorregge un testo sacro con il braccio sinistro e la benedice con la mano destra. Questo cambio di posizione suggerisce uno spostamento del punto focale dell’opera che cade, in questo caso, sul corpo di Maria e rende l’insieme degli altri personaggi una sorta di cornice.
Gli Apostoli che circondano la Madonna sono rigidi nella loro espressività, dando all’osservatore la sensazione di trovarsi davanti all’immobilità dello scorrere del tempo. Le vesti dei personaggi sono elaborate, ma al contempo non trasmettono un senso di movimento.
Interessante da notare è anche la città rappresentata in alto a sinistra, elemento che nelle altre rappresentazioni è assente. Secondo il racconto tramandato dai testi apocrifi, nelle icone della «Koimesis» apparivano due luoghi che hanno visto la presenza della Vergine durante i suoi ultimi momenti di vita terrena. Uno è Sion, nome poetico che si riferisce alla città Gerusalemme e l’altro è il Getsemani, un uliveto fuori dalla Città Santa. In questa rappresentazione è possibile identificare Sion per degli edifici che caratterizzavano la città.
Le opere che hanno come soggetto la morte della Vergine, però, non si sono limitate ad avori o bassorilievi, ma sono state ampiamente trattate anche in pittura e nei mosaici.
Un prezioso esempio per il primo aspetto artistico è sicuramente la «Dormitio Virginis» (fig. 5) presente nel castello di Acaya, in provincia di Lecce.

Acaya le Dormitio Virginis Mariae sec XII-XIII
Acaya, Dormitio Virginis Mariae, sec XII-XIII

L’affresco si trova in una piccola chiesa bizantina rinvenuta nel lato nord dell’antico maniero. Questa opera è forse la più antica rappresentazione della «Koimesis» che si può osservare ora in Italia ed è databile nella seconda metà del Trecento.
Da un punto di vista compositivo, è possibile dividere il dipinto in due parti: nella sezione inferiore Maria è posta al centro della scena, attorniata dagli Apostoli. La Vergine, al contrario delle opere precedentemente analizzate, non giace su di un letto bensì su una barella portata a spalla da due discepoli di Cristo, probabilmente San Pietro (a destra) e San Paolo (a sinistra). In questo affresco è difficile riconoscere le particolarità dei volti in quanto il tempo ha deteriorato il colore e i tratti. Nonostante questo, se si osserva attentamente la Vergine, è possibile notarne la calma e la compostezza dal modo con cui tiene piegate le braccia in tacita preghiera. Gli altri Apostoli sono disposti attorno alla processione funebre, ma i loro gesti sono rappresentati in maniera statica. Nell’affresco, infatti, vi è un’assenza di prospettiva tanto che Maria è posta sulla lettiga come se l’osservatore la stesse guardando dall’alto. Sotto di essa vi è un ulteriore quadro, come a voler fare coesistere insieme più momenti legati alla morte della Vergine. Nel testo apocrifo di Giovanni, è possibile trovare il racconto secondo cui, durante la sepoltura della Madonna, il sacerdote giudeo Iefonia cercò di profanare il feretro, facendolo cadere a terra, ma un Angelo (molto probabilmente Michele) con una spada di fuoco gli mozzò le mani.
Cristo, a differenza delle precedenti rappresentazioni, non è più accanto al letto della madre, ma è raffigurato dentro la mandorla («vescica piscis») tenuta sollevata da due Angeli, mentre sorregge tra le braccia l’anima di Maria, mostrandola agli osservatori come monito di fede e speranza.
La forma artistica più usata per rappresentare queste scene sacre è sicuramente il mosaico, genere artistico di «monopolio bizantino», tanto a livello di materiale quanto di specialisti.
Un esempio significativo a tal proposito è sicuramente la dormizione della Vergine (fig. 6) raffigurata nella volta del braccio occidentale della croce greca della chiesa S. Maria dell’Ammiragliato – detta della Martorana- a Palermo.

Mosaici bizantini con la rappresentazione della natività e la morte della Vergine.

 

Particolare della he koimesis - Chiesa della Martorana
Particolare della Koimesis – Chiesa della Martorana

Nell’opera si nota innanzitutto lo sfondo oro. Tale espediente artistico è tipico delle rappresentazioni sacre di ambito bizantino e serve a sottrarre la scena dal flusso del tempo per affidarla ad una dimensione eterna e atemporale. Inoltre questo colore è simbolo della divinità e per questo motivo non è presente nelle vesti degli Apostoli e delle donne in quanto «semplici» esseri umani.
Maria è distesa sul letto con le mani allacciate al petto e un’espressione serena, quasi sorridente. In questo mosaico si vede una costruzione della scena con particolari attenzioni rivolte ai tessuti delle vesti e del letto su cui giace la Madonna e si notano anche dettagli che nelle altre opere non si erano visti. Ad esempio, sulla veste di Maria ci sono le tre stelle che, oltre a testimoniare il dogma della verginità, sottolineano anche l’attenzione e la perizia con cui l’artista ha lavorato.
Attorno a lei sono rappresentati gli Apostoli. Come nelle opere precedenti, San Pietro è chinato sulla Vergine in attesa quasi di carpire le sue ultime volontà prima che lei salga nell’alto dei cieli, mentre San Paolo è raffigurato ai piedi della Madonna nell’atto ultimo di abbracciarle le gambe. E’ toccante osservare come l’artista sia riuscito a immortalare la tristezza dell’ultimo addio sul viso dell’Apostolo che, totalmente abbandonato in questa stretta, sembra essere un uomo qualunque schiacciato da un incolmabile dolore. In questo mosaico sono stati raffigurati anche altri personaggi quali i quattro vescovi ricordati nell’opera «De Divinis Nominibus» dello Pseudo Dionigi Areopagita e alcune donne che hanno vissuto con Maria gli ultimi tempi della sua vita.
Gesù Cristo, a differenza del rilievo in stucco presso la basilica di San Pietro al Monte, è rappresentato in posizione centrale, accanto alla madre. Egli le rivolge uno sguardo amorevole mentre porge l’anima all’Angelo Michele che la trasporterà in paradiso. La veste di Cristo è blu e oro, mentre di solito è blu e rossa. A livello simbolico, questi colori significano rispettivamente il passaggio della creatura verso il divino, scevra della sua carnalità (blu) e l’amore per il divino (rosso). Per l’assenza di prospettiva, gli edifici posti dietro Maria, Cristo e gli Apostoli si presentano quasi senza spessore e con una percezione di grandezza sfalsata. Le donne in alto a destra, infatti, appaiono grandi quasi quanto la torre presente sulla sinistra del mosaico.

 

[1]          Augias C. e Vannini M., “Inchiesta su Maria. La storia della fanciulla che divenne mito.”, Padova, Rizzoli, 2013, pag. 133

[2]          PIUS PP. XII, Const. apost. Munificentissimus Deus qua fidei dogma definitur Deiparam Virginem Mariam corpore et anima fuisse ad caelestem gloriam assumptam, 1 novembris 1950.

[3]          Augias C. e Vannini M., op. cit., pag. 172

[4]          TRANSITUS MARIAE – http://it.mariedenazareth.com/index.php?id=14935&type=123&L=4

[5]          Ibid.

[6]          Ibid.

[7]          Per maggiori informazioni, Demus O., “L’arte bizantina e l’Occidente”, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi, 2008, cap. 3 “Verso il Romanico”.

[8]    Demus O., op. cit., pag. 101

[9]          http://badwila.net/salerno/index.html

[10]          Ibid.