Desideriamo augurare a tutti i nostri soci, amici e sostenitori un buon primo maggio con un articolo di Paolo Cammarosano sul lavoro delle donne nel Medioevo. Buona lettura!
La Bibbia è stata di gran lunga la fonte più importante per le arti figurative medievali. Uno dei soggetti più frequenti è la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre. Adamo è sempre rappresentato come intento al lavoro della terra. Per Eva le immagini sono più articolate: la cura del bambino, la filatura, ma anche il lavoro agricolo. Questo ci indica sinteticamente un fatto capitale della condizione femminile nel lavoro medievale: le donne erano presenti in ogni lavoro. E poiché la società medievale era una società in grandissima maggioranza agricola, così le donne partecipavano ad ogni momento della produzione: semina, raccolta, trebbiatura, molitura dei grani. La loro presenza era così normale che le fonti, sia iconografiche sia letterarie, ne parlano molto poco. Parlano invece più spesso del ruolo delle donne nella cura degli animali, anzitutto delle pecore, poi anche degli animali di grossa taglia. Ancora più frequenti sono i riferimenti alle donne nella confezione dei vestiti, dalla preparazione del lino alla filatura della lana alla tessitura: queste erano considerate dall’antichità come le tipiche opere femminili, eseguite nella solitudine domestica oppure in strutture collettive (i ginecei).
Con l’evoluzione della manifattura artigiana e del commercio in Occidente a partire dal secolo X e poi con grandioso sviluppo fra Due e Trecento, e con la contestuale affermazione delle città e dei loro apparati politici e amministrativi, la situazione femminile divenne più complessa. Da un lato la loro plurisecolare attitudine alle opere tessili le fece grandi protagoniste nella produzione, oltre che delle vesti di lana e di lino, di quelle che avevano come base materiale prodotti nuovi per l’Occidente: in primo luogo il cotone, trionfalmente entrato nei materiali della manifattura dal secolo XII, poi la seta, trionfante nel tardo medioevo; inoltre lo sviluppo della nuova integrazione fra campagna e città e dei sistemi di industria a domicilio e del cosiddetto “putting out system” offerse alle donne prospettive importanti. Ma a mano a mano che l’artigianato si istituzionalizzava e si consolidavano le sue strutture corporative le donne subirono una emarginazione: quasi mai potevano ascendere al ruolo dei maestri, esclusivamente maschi e dominatori dell’organizzazione artigiana. Era lo stesso fenomeno che si realizzava negli organismi politici: le donne non sedevano nei consigli cittadini e nemmeno assumevano ruoli amministrativi, anche modesti, erano escluse dalla professione notarile, insomma erano emarginate dalla conduzione della cosa pubblica. Si era creato un immenso divario tra la loro presenza, sempre decisiva, nel mondo della produzione, e la loro totale subordinazione nelle strutture del potere.