Segnaliamo la mostra organizzata a Pola presso il Museo Archeologico dell’Istria che si aprirà martedi 3 luglio 2018 alle ore 12; Galleria C8, Via Carrara 8, Pola.
Con l’occasione proponiamo, ad approfondimento, il saggio: Campane e scrittura: informazioni dalle iscrizioni campanarie e dalla documentazione d’archivio, in Del fondere campane. Dall’archeologia alla produzione. Quadri regionali per l’Italia Settentrionale, a cura di Silvia Lusuardi Siena e Elisabetta Neri, con la collaborazione di Filippo Airoldi. Atti del Convegno Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, 23-25 febbraio 2006, Firenze, All’Insegna del Giglio, 2007, pp. 109-117.
In modo tempestivo dal ritrovamento di due campane durante i lavori di ristrutturazione svolti recentemente nei locali del Museo Archeologico di Pola, Tatjana Bradara e Željko Ujčić hanno impostato un catalogo che accompagnerà dal 3 luglio 2018, presso alcune sue stanze, i visitatori lungo la mostra allestita attorno ai due bronzi salvati dalla requisizione bellica della prima Guerra Mondiale.
L’importanza del rinvenimento, ben colta dagli archeologi Bradara e Ujčić, ha dunque spinto gli archeologi ad organizzare una mostra e un catalogo pensando anche ad un pubblico italiano che potrà così beneficiare di una sua traduzione italiana.
La mostra e le pagine del catalogo informano sulle requisizioni ordinate durante i diversi periodi di guerra, nonché sulla storia della produzione di campane nel mondo occidentale secondo le antiche tecniche descritte dallo pseudo Teofilo, monaco benedettino ed artista orafo della Renania del secolo XII, come da Biringuccio grande artista, maestro nella fusione e nella metallurgia, autore del trattato De la pirotechnia , per essere montate nei campanili delle chiese come dei palazzi comunali.
L’importanza del ritrovamento delle due campane di Pola ha quindi riportato alla memoria unaproduzione di bronzi concepita per campanili a vela costruiti per le chiese minori di un territorio molto vasto, un tempo governato dalla Repubblica di Venezia, della Venezia Giulia e della Carnia,dell’ Alto Adige, dell’Istria, della Dalmazia e di Malta, ad opera di una unica famiglia veneziana conosciuta con il nome di “Campanato” e la cui tradizione documentata risale fin dalla metà del secolo XIII.
Per dieci generazioni, in centro a Venezia, i maestri fonditori della grande famiglia dei Campanatosi assecondarono nella loro officina; fusero, in quella che è oggi Calle dei Fabbri, nei pressi di Campo S. Luca, centinaia di campane.
Durante quasi quattro secoli di attività redditizia e onori dovettero affrontare anche gravi crisi economiche; ciò nonostante, ancora oggi, molte delle loro campane suonano ancora o ancora riemergono da nascondigli come quello di Pola.
Marialuisa Bottazzi